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Conosci te stesso e conoscerai l’universo e gli dei.

O almeno la tua scuola superiore.


I dati sull’integrazione scolastica resi noti dal MIUR, incrociati con quelli diffusi dall’Ufficio scolastico regionale dell’Emilia Romagna, restituiscono un quadro chiaro sulla distribuzione degli studenti con DSA nella scuola secondaria di II grado.

Emerge, anzitutto, che a Bologna gli studenti con DSA optano per gli istituti tecnici e professionali e in alcuni casi per i licei, artistico e scientifico perlopiù.

La prima riflessione concerne, perciò, le motivazioni che spingono famiglie e studenti verso le scuole superiori ad indirizzo tecnico. Esiste, purtroppo, la convinzione diffusa – e smentita dai dati sulle ripetenze – che questi istituti richiedano meno impegno e siano maggiormente accessibili dal punto di vista dei contenuti didattici.

Lo scorso anno scolastico circa duecento studenti hanno scelto, invece, il liceo, spinti dalle proprie attitudini personali o dalla difficoltà dei genitori a rinunciare ad una scuola che per antonomasia incarna uno status sociale ben riconoscibile. D’altra parte, nell’immaginario dei più, gli istituti tecnici e professionali catalizzano le scelte degli studenti turbolenti e meno motivati.

Dal nostro punto di vista, possiamo riconoscere in alcuni di questi istituti dei veri e propri modelli di inclusione riuscita: spinti a trovare soluzioni ad un maggior numero di situazioni problematiche, si sono spesso distinti per l’attivazione di percorsi, progetti e soluzioni innovative per rispondere ad esigenze educative estremamente differenziate.

Se alle considerazioni sulla distribuzione degli studenti con DSA sovrapponiamo i dati che riguardano l’andamento delle ripetenze, pari all’8,4%, intuiamo facilmente che un corretto orientamento alla scelta della scuola superiore è una questione sottovalutata.

Non che non esistano progetti e programmi per favorire una scelta consapevole e ragionata : scuole, enti, il MIUR mettono a disposizione percorsi e strumenti per informarsi, riflettere e valutare con l’aiuto di un adulto le proprie potenzialità e competenze ma anche i propri interessi.

Tuttavia, un Open Day ben organizzato o, più semplicemente, la scelta del compagno di banco orientano, la maggior parte delle volte, le decisioni degli studenti meno metacognitivi.

E allora? Come si sceglie la scuola superiore giusta?

O meglio: come si sceglie la scuola adatta a sé?

Partiamo dal fatto che non esiste una scuola migliore di un’altra, esistono buoni insegnanti ed esistono le attitudini personali, la propria motivazione e, in generale, la conoscenza di sé.

Per consentire ad un tredicenne di approfondirla, gli adulti devono lavorare in maniera sinergica alla trasmissione di un approccio metacognitivo.

Gli insegnanti devono proporre circostanze apposite per rendere conto allo studente dei propri progressi, per insegnargli a conoscersi e autoregolarsi, a valutare le proprie predisposizioni, ma anche la rappresentazione di sé e del proprio disturbo; devono stimolarlo a superare forme di condizionamento di tipo familiare, relazionale, sociale nella scelta del corso di studi successivo e spiegargli, infine, che le richieste scolastiche cambieranno e che sarà necessario sviluppare in modo particolare le abilità maggiormente caratterizzanti la scuola superiore individuata.

I genitori e i tutor potranno, invece, affiancarlo nel bilancio delle proprie competenze, invitandolo a riflettere sul proprio percorso scolastico in termini di interessi disciplinari e di ostacoli incontrati e supportandolo in una valutazione serena ma realistica delle proprie abilità e potenzialità in rapporto alle proprie aspirazioni di studio.

Ricordiamo, infine, che scegliere oggi la scuola superiore non coincide più con la scelta dell’occupazione futura – le richieste del mondo del lavoro si orientano sempre più verso soft skills e meta-competenze e meno verso abilità specifiche – e che in qualsiasi momento è possibile cambiare idea e scuola.

Sapersi orientare vuol dire anche monitorarsi, ascoltarsi e prendersi sul serio. Per non perdersi sul serio.

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